MEDITAZIONE:


Meditazione


Durante la pratica delle posizioni il praticante di yoga impara ad osservare la posizione del corpo da dentro di sé e scopre che, mantenendo la postura nella maniera appropriata e la respirazione regolare, il corpo ritrova il suo equilibrio e la mente la sua calma: questo lavoro è svolto dall'intelligenza interiore o spirito, che agisce anche nel sonno profondo, quando la mente non interferisce.

Imparando a non essere distratto da altri pensieri ed emozioni, con la mente ed il corpo armonizzati, lo yogi s'immerge in profondità dentro di sé. Nella meditazione, si rende conto di poter osservare non solo il corpo ed il respiro ma anche i pensieri e scopre che lo spirito in lui è la realtà e che la mente e il corpo sono suoi strumenti. Quando corpo, mente e spirito sono armonizzati, tramite lo yoga, lo spirito funziona attraverso la mente e il corpo senza impedimenti. In quello stato di armonia l'atteggiamento dello yogi riguardo alla vita esterna cambia notevolmente: è capace di vedere il mondo in modo distaccato, oggettivo; è libero dalle correnti e controcorrenti di idee e sentimenti in conflitto tra loro. In tale stato lo yogi è capace di apprezzare meglio la vita e di capire meglio gli altri. E' felice in ogni condizione, perché la sua felicità non dipende dagli altri, è in pace in qualunque condizione, perché la sua pace sorge da dentro se stesso. Con la pratica diligente e persistente egli arriva alla realizzazione del sé che è sinonimo di libertà o salvezza.
Lo yoga non è una disciplina psicofisica centrata su se stessi da intraprendere in una grotta himalayana o nell'isolata clausura di un eremitaggio. Lo yoga può far uso di tutti questi mezzi, può far uso di luoghi di devozione come il tempio, la chiesa, la moschea o la stanza di meditazione ma, confinare lo yoga solo a queste pratiche è come stringere il pugno nel tentativo di catturare il vento: amara delusione!

Il sé dello yogi non è la limitata personalità asserente se stessa, non è il vano ego che si considera come entità distinta, i cui interessi sono costantemente minacciati da ogni altro essere in questo mondo e che trasforma la vita in un costante sforzo per sopravvivere.
Il sè dello yogi non è un'isola perigliosa galleggiante sull'oceano chiamato il mondo: è il letto stesso dell'oceano, il substrato del mondo e di infiniti individui.  
Il Sé dello yogi è il Sé di tutto e di tutti, un principio spirituale che non conosce muri divisori. Anche una pratica come la meditazione, che sembra isolare il praticante, porta a comprendere meglio gli altri e ad apprezzare ciò che lo circonda da un nuovo punto di vista che mette al primo posto l'unità e l'armonia. (da "Yoga" Swami Venkatesananda, Introduzione. Traduzione di Pasquale D'Adamo))



Pratica della ripetizione del mantra. Il mantra è una formula spesso composta da una o pochissime parole che, ripetuta in modo che saturi la mente, ci protegge da tutti i problemi che, in caso contrario, la mente crea in ogni momento. Swami Sivananda prescriveva la ripetizione del mantra a chiunque andasse da lui, con qualunque tipo di problema.
Seduti, abbiamo cominciato a ripetere insieme il mantra "Om Namah Shivaya"per 108 volte, poi abbiamo continuato a ripeterlo mentalmente per alcuni minuti, con la consapevolezza di starlo ripetendo. Quella consapevolezza è l'unico modo di essere certi di non essersi distratti.
Il beneficio immediato è che, per tutto il tempo in cui il mantra viene ripetuto, si ha esperienza di una grande pace mentale, perché s'impedisce alla mente di vagare qua e là generando irrequietezza. La pratica regolare della ripetizione del mantra o japa (pron. giapa) crea un sottofondo del pensiero, in cui la mente si rifugia quando non è attivamente impegnata.
Quando la mente è saturata con il mantra, il problema può anche restare, ma rimane comunque fuori di te, non ne sei coinvolto e, soprattutto, non lo complichi. Intanto il mantra rafforza le tue risorse spirituali interiori e, quando poi ti alzi, scopri che il problema si è dissolto.
"Om Namah Shivaya" ed altri mantra hanno la caratteristica di non contenere il pronome "io". "Namah" significa saluto (non "io saluto", l'ego non c'è); Shivaya è il Signore del buon auspicio, elargitore di bontà e prosperità.

La "Preghiera del cuore"

Tra i primi mistici cristiani Kyrie eleison e Christe eleison erano usati come mantra, chiamata "La preghiera del cuore", come si può riscontrare nella "Philokalia" e nel libro "La via di un Pellegrino".
Un monaco chiede al suo abate come sia possibile pregare incessantemente, secondo l'insegnamento di San Paolo: "Perciò state svegli e non stancatevi mai di pregare... " Ef:6,18. Come risposta, l'abate insegna la preghiera del cuore, asserendo che in questo modo lo spirito continua a pregare anche durante il sonno. I mistici ebrei e anche i sufi hanno i loro "mantra".

Non ci sono mantra indù, cristiani, buddisti o musulmani. Dio è coinvolto nel mantra, ma non è un Dio di una religione, è un'entità sconosciuta. E' la Realtà interiore, l'Essenza del proprio essere, che ognuno deve scoprire. Yoga è realizzare questo Dio dentro.

Qualunque cosa disturbi l'armonia interiore, lo yogi lo evita. La restaurazione dell’armonia interiore è lo scopo e questo si può ottenere attraverso la pratica delle posizioni yoga, che sono di enorme beneficio, seguite da alcuni esercizi di respirazione, anch'essi meravigliosi, seguiti a loro volta dalla meditazione, nella quale avete esperienza dell’armonia interiore, seguita inoltre da quello che chiamiamo karma yoga – avere a che fare con gli altri continuando a mantenere quell’armonia interiore.

Riportare armonia nelle nostre reciproche relazioni è anche yoga. Armonizzare la nostra relazione con le forze cosmiche è anche yoga, bhakti yoga. Tutte queste insieme costituiscono lo yoga.
Swami Venkatesananda (da Venkatesa daily readings 10 dic.).

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